«al popolo stava a cuore il lavoro»
Il “Messaggio dei Vescovi per la Festa del 1° maggio 2021” inizia con la citazione del libro di Neemia, nella Bibbia, dove si racconta l’impegno del popolo d’Israele intento a ricostruire le mura di Gerusalemme. Neemia ricorda l’unità e la caparbietà del popolo nel portare a termine l’opera intrapresa, commentando che «al popolo stava a cuore il lavoro».
Mi piace il termine “caparbietà”. Indica bene l’atteggiamento che dovrà caratterizzare la fase di ripresa del paese dopo la pandemia.
In particolare, in ambito lavorativo, due saranno le difficoltà che interesseranno sopratutto le fasce più deboli della popolazione (giovani, donne, persone svantaggiate): la riduzione dell’occupazione e le modifiche nell’organizzazione del lavoro. Sarà verso queste persone che si dovrà porre un’atenzione particolare.
Scrive papa Francesco al n° 162 della Fratelli Tutti: “In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo”.
Cosa fare?
Se la pandemia sanitaria può essere battuta con la somministrazione dei vaccini, quella sociale richiede un vaccino appunto sociale, fatto di solidarietà, lavoro in rete, senso di comunità.
Serviranno interventi mirati alla formazione dei disoccupati nell’utilizzo delle nuove tecnologie e fornire gratuitamente le dotazioni necessarie, anche per combattere la povertà educativa.
Si dovrà sostenere l’inserimento lavorativo delle fasce più deboli attraverso l’utilizzo dello strumento del “tirocinio formativo” remunerato.
Si dovrà procedere alla definizione di accordi tra Istituzioni, Associazioni no profit e Parti Sociali per condividere la formazione di un “fondo” di sostegno sociale ed un piano coordinato di promozione dell’occupazione.
Roberto Agosti