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Tutela della salute, Covid-19 e idrossiclorochina in una recente pronuncia del Consiglio di Stato.

Con l’ordinanza cautelare emessa lo scorso 11 dicembre il Consiglio di Stato ha affermato che non vi è alcuna “ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione” dell’utilizzo dell’idrossiclorochina (o HCQ) nella cura del Covid-19.
Preliminarmente, va osservato che l’HCQ è un antimalarico già noto nel campo reumatologico, dal costo contenuto e di facile somministrazione. Alcuni studi, confermati nel corso della prima ondata (ad esempio, l’idrossiclorochina è stata utilizzata con ottimi risultati dal Prof. Luigi Cavanna, direttore del dipartimento di oncologia dell’ospedale di Piacenza), hanno dimostrato l’efficacia del farmaco contro il Covid-19 nella fase iniziale e meno avanzata della malattia. Tuttavia, la comunità scientifica si è divisa, al punto che l’AIFA, dopo essere stata inizialmente favorevole al suo utilizzo, ne ha imposto la sospensione.
Nel caso di specie, il canone costituzionale rilevante è quello della tutela della salute, che l’art. 32 Cost. qualifica quale “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Com’è noto, il nostro ordinamento valorizza la corretta instaurazione del rapporto terapeutico tra medico e paziente, che consiste nell’appropriatezza (in termini di efficacia terapeutica) e nella sicurezza della cura; vale a dire, nell’uso cosciente, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze disponibili.
Appare però ovvio che la scelta terapeutica non possa fare a meno di misurarsi con l’emergenza epidemiologica in atto, dato che allo stato non esiste una adeguata e precoce terapia domiciliare per la cura della malattia; inoltre, l’elevata ospedalizzazione dei pazienti affetti dal Covid-19 rischia di pregiudicare l’erogazione delle cure nei reparti di terapia intensiva e subintensiva proprio verso i pazienti più gravi, con compromissione della stessa efficienza del Servizio Sanitario Nazionale e del principio universalistico che lo informa.
Chi scrive non è un medico e non ha ovviamente le competenze per valutare l’efficacia terapeutica del farmaco nel contrasto al Covid-19. Tuttavia, la perdurante incertezza circa l’utilità dell’HCQ non costituisce una ragione sufficiente a giustificare la sua sospensione sul territorio nazionale. Piuttosto, come ha osservato il Consiglio di Stato, la scelta deve essere rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico, ovviamente previo consenso (c.d. informato) del paziente.
In conclusione, nel dubbio circa l’efficacia della terapia, uno Stato sociale (e di diritto) quale è il nostro, non deve vietare, ma ha invece l’obbligo di chiedere alla scienza medica di curare (anziché astenersi dal curare) i cittadini, laddove ovviamente il medico ritenga, in scienza e coscienza, la cura medesima appropriata per il paziente.
La decisione appare dunque ineccepibile, tenuto altresì conto che la lotta contro il virus deve essere condotta anzitutto sul piano della medicina territoriale, con la somministrazione di una terapia domiciliare precoce ed efficace (laddove possibile) e solo in via di extrema ratio nell’ambito ospedaliero, non in grado di reggere (per evidenti limiti organizzativi) l’intera pressione della domanda sanitaria.
Il pioniere delle cure domiciliari ai pazienti di Covid-19 è stato senza dubbio il Prof. Luigi Cavanna, testimonial (su proposta del Prof. Avv. Mauro Paladini) della candidatura al Nobel per la Pace dell’intero Corpo Sanitario Italiano, che rappresenta il simbolo eroico della resistenza alla pandemia. La meritoria campagna è partita da Piacenza, sede dell’Associazione Fondazione Gorbaciov (che ha avanzato la candidatura) e del Segretariato Permanente dei Premi Nobel per la Pace.
Le Acli Provinciali di Piacenza hanno manifestato pieno sostegno e convinta adesione all’iniziativa, ritenendo doveroso dimostrare una gratitudine profonda verso chi – spesso in condizioni precarie – ha messo in pericolo la propria incolumità a beneficio del prossimo.


Alessandro Candido
Presidente delle Acli Provinciali di Piacenza, avvocato e professore a contratto di diritto pubblico nell’Università di Milano Bicocca.

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