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Il lavoro che ci aspetta. Le Acli al servizio dei lavoratori e della società

L’epidemia da Covid-19 ha toccato il mondo intero, con effetti più o meno nefasti a seconda dei luoghi. In tutti i paesi, però, ha provocato un ripensamento importante sul nostro modo di vivere insieme, di lavorare e relazionarci con gli altri.
Sicuramente le conseguenze economiche del virus saranno pesanti, anche in Italia e anche a Piacenza. Si stima un calo del PIl del 10%, con settori molto colpiti come gli alberghi, il commercio, la cultura e l’intrattenimento, il piccolo artigianato. Senza la protezione pubblica, tramite sussidi, bonus e cassa integrazione, tante famiglie sarebbero davvero in condizioni di povertà. Pensiamo solo ai 20 milioni di nuovi disoccupati negli Usa, dove gli ammortizzatori sociali non sono presenti come in Europa. Allora questa triste pandemia ci ha insegnato alcune cose rilevanti:
1.il sistema di protezione sociale pubblica (pensioni, cassa integrazione, sistema sanitario) sono essenziale per vivere a affrontare i rischi del nostro tempo
2.la globalizzazione ha lati positivi (scambi di persone, capitali, cultura), ma anche elementi di vulnerabilità molto forti (inquinamento, virus, sfruttamento)
3.la collettività ha bisogno di solidarietà e partecipazione civica: il ruolo dei volontari e dell’associazionismo è essenziale per condividere e non rimanere soli nei momenti di difficoltà
4.il modello di sviluppo economico tutto teso alla produzione e all’arricchimento personale non funziona benissimo e crea distorsioni tra persone e tra uomo e ambiente
5.l’uomo avverte la propria impotenza nonostante tutti i progressi della scienza e della tecnica
6.dobbiamo rispettare le istituzioni, nazionali e locali, anche se possono sbagliare, pur essendo sempre attenti e critici ma senza mai demonizzare chi ha ruoli pubblici ottenuti democraticamente
7.il lavoro si trasformerà in forme innovative più smart con l’utilizzo delle tecnologie informatiche
8.la famiglia rimane il cuore della nostra vita individuale e collettiva.
Quindi “il lavoro che ci aspetta” ha una tripla valenza: da un lato finalmente possiamo tornare al nostro lavoro, certo non subito, con gradualità e tutte le precauzioni sanitarie necessarie; dall’altro lato ci aspettano innovazioni radicali e quindi nuove forme e modalità di lavorare e forse nuovi lavori.
Ma c’è anche una terza dimensione del titolo. Dobbiamo infatti ricordarci che il lavoro non ha “aspettato” tutti, alcuni l’hanno perso, altri hanno dovuto chiudere la propria impresa. E quindi come Acli, associazione che da sempre si occupa dei lavoratori, dobbiamo assolutamente testimoniare il messaggio che il nostro carissimo Don Paolo Camminati ci ha dato nel salone di Nostra Signore di Lourdes proprio nei primi giorni della sua malattia. E’ un compito che ci “aspetta” come Acli, come cittadini e come cristiani. Non sono le parole precise di Don Paolo, ma il senso è questo: “Noi volgiamo fare una casa per i lavoratori precari e i poveri non solo perché è una bella iniziativa sociale, ma perché vogliamo vivere il Vangelo”.
Paolo Rizzi

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