Candidato chi? Non il Presidente.
Con riferimento all’elezione del Presidente della Repubblica abbiamo sentito (da ogni parte politica) pronunciare un verbo che collide profondamente con la sua figura e il suo ruolo, così come delineato dalla Costituzione: “candidare”. Candidatus, cioè “chi indossa una toga candida”, era colui che nell’antica Roma si sottoponeva al giudizio degli elettori, vestendo una toga bianca per distinguersi dagli altri. Ma ci si può candidare a rappresentare l’unità nazionale?
Discutendo delle modalità di elezione del Presidente della Repubblica, i Padri Costituenti si erano chiesti se fosse opportuno demandare tale scelta al Parlamento, se riservarla al corpo elettorale (come in Francia) o, infine, se adottare un sistema intermedio tra le prime due ipotesi, costituendo un collegio elettorale apposito, ovvero configurando delle elezioni di secondo grado (come negli Usa). La scelta era ricaduta sulla prima opzione, tanto da affidare l’elezione presidenziale al Parlamento in seduta comune (art. 83, co. 1, Cost.), con la partecipazione di tre delegati per ciascuna Regione (fatta eccezione per la Valle d’Aosta, che ha un solo delegato). Si tratta di un meccanismo coerente con quel complesso sistema di checks and balances finalizzati a mantenere l’equilibrio nell’ambito di una forma di governo caratterizzata dal rapporto di fiducia Parlamento-Governo, ponendo il Presidente al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri. Invero, mentre nella seconda e nella terza ipotesi il Presidente è un organo a tutti gli effetti governante, in Italia egli è l’esclusivo titolare di un (quarto) potere spoliticizzato e imparziale, avente lo scopo di moderare i conflitti e risolvere le crisi.
Oltre al fatto che candidare qualcuno alla Presidenza significa connotarlo politicamente ed eliminare quel carattere di neutralità che dovrebbe essere insito nella sua figura, va detto che chiunque possieda i requisiti previsti dall’art. 84 Cost. (cittadinanza italiana, 50 anni di età, godimento dei diritti civili e politici) potrebbe essere eletto Presidente della Repubblica.
Si ricorderà la commedia “Benvenuto Presidente!”, quando i membri del Parlamento in seduta comune, non sapendo chi eleggere, votavano scherzosamente per Giuseppe Garibaldi (nel film Claudio Bisio), salvo poi scoprire l’effettiva esistenza di una persona dal nome Giuseppe Garibaldi, in possesso dei requisiti di cui all’art. 84 Cost. Ebbene, in ipotesi, anche costui, bibliotecario di un piccolo paese di montagna, potrebbe un giorno essere chiamato alla Presidenza della Repubblica.
In conclusione, il Presidente della Repubblica, pur con i mutamenti intervenuti nel suo ruolo da trent’anni a questa parte (dopo Tangentopoli), dovrà restare il tutore della Costituzione, la viva vox Constitutionis, al di sopra delle parti politiche, poiché le sue funzioni inevitabilmente si ripercuoteranno su tutti i poteri politici, al fine di salvaguardare la loro separazione e, al contempo, il loro equilibrio.
Alessandro Candido (Presidente delle Acli provinciali di Piacenza e professore di diritto pubblico nell’Università di Milano Bicocca)