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Servizio “PiaceCare” per Assistenti Famigliari: un progetto incompleto

La cura delle persone anziane sarà sempre più un servizio fondamentale nei prossimi anni e fondamentale sarà la possibilità di avvalersi di persone qualificate, in grado di svolgere questo delicato compito con dedizione, competenza e con contratti regolari.
Va, o meglio, vorrebbe andare in questa direzione il progetto “PiaceCare”, che il comune di Piacenza ha lanciato in questi giorni, che si propone, tra l’altro, attraverso la creazione di un registro di assistenti famigliari preparate e l’attivazione di uno sportello all’Informasociale del Comune, di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta.
Se l’idea ha sicuramente un fine condivisibile, ha però alcuni punti deboli che andrebbero analizzati e che interessano appunto la dedizione, la competenza e l’emersione dal nero.
Ed è da quest’ultimo punto che si dovrà partire, perché la  formalizzazione dei contratti di lavoro, la tenuta delle buste paga, sono un costo aggiuntivo per le famiglie e solo attraverso dei contributi finalizzati alla regolarizzazione si può pensare di far uscire dal sommerso molte situazioni lavorative.
Il contratto di lavoro regolare dovrà essere discriminante perché le famiglie possano accedere al registro, ma, a questo punto, dovrà essere garantita la professionalità della persona da assumere.
La competenza non può essere valutata solo attraverso la presentazione di un curriculum (quale assistente e quante possono documentare tre anni di lavoro regolare come richiesto?) o una lettera di referenza e una persona con un attestato di formazione nel lavoro di cura o nell’area servizi socio-sanitari (OSS) dispone di ben altri sbocchi professionali.
Certamente dovrà essere garantito un minimo di professionalità, che si può acquisire solo attraverso un percorso formativo, seppur breve, che, dopo avere valutato la conoscenza della lingua, le capacità e competenze conseguite attraverso esperienze lavorative precedenti e la predisposizione al tipo di lavoro, dia un minimo di conoscenze su: assistenza nella mobilità, igiene personale dell’anziano, igiene e cura degli ambienti, preparazione e somministrazione dei cibi, etica professionale, conoscenza dei servizi territoriali (sociali, sanitari, culturali e ricreativi) e relative modalità di accesso e che rilasci, alla fine e dopo una verifica, un attestato di frequenza.
Intervenendo in tale direzione si consentirebbe anche di ampliare il numero di collaboratori famigliari qualificati, che oggi lavorano in forma irregolare e senza alcuna formazione o che sono disoccupati ma vorrebbero operare in tali servizi. Non sarebbe male neanche garantire un servizio di supporto formativo alle assistenti che già lavorano in tale ambito o ai numerosi caregiver famigliari. E’ comunque evidente che affrontare in modo complessivo il problema comporta anche qualche costo, che il Comune non può trascurare e forse qualche collaborazione/integrazione con altre Istituzioni Pubbliche o Soggetto privato (oggi in Emilia Romagna ed a Piacenza esiste una Rete attiva per il lavoro dove a fianco dei Centri per l’Impiego operano Strutture private autorizzate dallo Stato all’intermediazione di mano d’opera ed accreditati dalla Regione ad erogare servizi per il lavoro, compreso l’incrocio domanda/offerta).
Si ritiene che tale ambito, delicato e strategico, necessiti sicuramente di approfondimenti e di una complessa organizzazione e coinvolgimento di Soggetti diversi, ma richiede anche qualche intervento finanziario che finora non pare sia previsto dal Comune.
            Roberto Agosti
 (pres. prov. ACLI Piacenza)

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