Migranti: chi vince e chi perde
“Vince lo stato, perdono gli scafisti”. Così il Presidente del Consiglio Gentiloni.
Ma siamo sicuri?
Partiamo dall’accordo (?) con il governo libico (?) sull’invio di navi militari italiane in aiuto della marina libica per intercettare e riportare indietro i barconi con il loro carico di persone.
Possiamo sorvolare sul tipo di accordo (c’è addirittura chi minaccia di bombardare le nostre navi nel caso entrassero in acque territoriali libiche) e con chi è stato fatto (in Libia i governi sono almeno tre e non mi sembrano molto in sintonia tra di loro), e concentriamoci sui migranti respinti.
Chi sono? migranti economici? aventi diritto di asilo politico? in fuga da fame e guerre? minori non accompagnati? donne in gravidanza o con i loro figli piccoli, magari neonati? ….
Si, tutto questo, ma prima ancora persone! Persone che noi definiamo indistintamente migranti, profughi o peggio ancora clandestini, secondo un approccio molto spesso di convenienza politica, ma di fatto non li conosciamo, non ne conosciamo le storie, le esperienze, il vissuto che li ha spinti a tentare di raggiungere l’Europa.
Tutti indistintamente respinti. E cosa accadrà loro una volta ritornati in Libia?
Oggi, con una situazione politica estremamente complessa, nessuno può garantire su un trattamento rispettoso dei diritti umani nei centri di accoglienza libici e non è improbabile che queste persone tornino ad essere in balia di trafficanti senza scrupoli.
E’ una vittoria questa? O è piuttosto una sconfitta, una sconfitta politica dell’Italia e dell’Europa, un Europa irriconoscibile che ha abdicato alla cultura dell’accoglienza e dell’incontro scegliendo quella dell’indifferenza? Italia ed Europa che, non riuscendo, ma forse sarebbe più corretto dire non volendo, accogliere queste persone, invece di creare corridoi umanitari che dai loro Paesi permetta un viaggio in condizioni di sicurezza, si comporta come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia per non vedere cosa accade dall’altra parte, che non riuscendo a colpire i carnefici, cioè i trafficanti e gli scafisti, criminalizza i soccorritori, che salvano chi sta morendo in mare.
Salvare vite umane e accogliere chi è nel bisogno: è così che si vince.
Senza dimenticare che quello che stiamo vivendo è un evento storico di portata enorme, di livello mondiale, che non risolveremo certo con respingimenti, muri e quant’altro (vedi l’attuale spostamento dei flussi verso le coste spagnole), ma che implica collaborazioni tra i Paesi coinvolti, il rispetto dei necessari accordi tra gli Stati e negli Stati, ispirati ad un’etica della responsabilità e non alla logica dello scarto.
Roberto Agosti